Realizzare i lievitati è un’impresa a volte ardua, ma con la giusta tecnica e con tanta pazienza si può arrivare tranquillamente ad un buon se non ottimo, risultato anche facendoli in casa.
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In pasticceria le cose sono sicuramente più semplici, con temperature controllate, camera di lievitazione, tecniche e metodi professionali, nonché ingredienti giusti.
Fare bei lievitati in casa è comunque possibile stando attenti ad alcuni accorgimenti.
Gli ingredienti nei lievitati
La farina
Partendo dagli ingredienti, la scelta della farina è importantissima per avere dei prodotti perfettamente lievitati.
Esistono tanti tipi di farina, ma mi concentrerò solamente su quelle utilizzate per realizzare questi prodotti.
La forza della farina (identificata con la “W“), indica la capacità della farina di resistere nel tempo alla lavorazione. Quando la W è alta si ha un alto contenuto di glutine. L’indice della forza delle farina ideali perché un lievitato venga bene è compreso tra 220 e 400, che appunto sono le cosiddette farine forti.
Le farine forti sono molto elastiche e sono indicate per i tipi di impasto che richiedono un buon sviluppo durante la lievitazione. Potete dunque utilizzare solamente questo tipo di farine, oppure mischiare una farina speciale che ha una W che supera i 350, con una debole, ossia la semplice farina 00 adatta a tutto, nelle proporzioni del 40% farina debole e 60% farina forte.
Il lievito
Nella lievitazione un’altra cosa importante è proprio il lievito. Per realizzare i lievitati dolci o salati, i lieviti utilizzati sono quelli naturali.
Quando utilizziamo degli organismi microscopici vivi come il lievito di birra o il lievito madre, stiamo facendo una lievitazione biologica.
Volevo specificare che il lievito di birra fresco è identico a quello secco o disidratato. Potete utilizzare indifferentemente l’uno o l’altro in base alle vostre esigenze, considerando che una bustina di lievito disidratato da 7 grammi corrisponde a un panetto di lievito fresco da 25 grammi e che quello fresco ha una scadenza piuttosto breve (anche se può essere messo in freezer per non più di un paio di settimane), mentre quello disidratato ha una scadenza più lunga.
Lievito di birra e lievito chimico
Se desiderate approfondire l’argomento riguardante il lievito cliccate nel pulsante per andare all’articolo.
La lievitazione
La lievitazione biologica può essere realizzata in vari modi:
- diretta (un solo impasto con lievito di birra)
- semi-diretta (pasta del giorno precedente con l’aggiunta di lievito)
- indiretta (biga, poolish e lievito madre)
Lievitazione biologica diretta
Per i lievitati dolci, così come ho fatto per il pane di semola di grano duro, si utilizza il più delle volte il lievito di birra con lievitazione biologica diretta.
Di solito in pasticceria il lievito madre è consigliato per i grandi lievitati (panettone, pandoro e colomba) o per il pane e la pizza, mentre per tutto il resto si utilizza tranquillamente il lievito di birra.
Il metodo diretto consiste nell’impastare insieme tutti gli ingredienti presenti nella ricetta, con una lievitazione che può andare da 1 a 8 ore.
Una volta pronto l’impasto si può procedere a dargli la forma, alla lievitazione e infine alla cottura.
Ogni lievitato dolce può fare un’unica lievitazione oppure una doppia lievitazione. Potete infatti mettere a lievitare sia l’impasto che qualsiasi prodotto già con la forma.
Potrete anche conservarlo in frigorifero non ancora lievitato per un intera notte, e farlo lievatare il giorno dopo, oppure metterlo in congelatore per una settimana al massimo.
Doppia lievitazione
La doppia lievitazione si fa in due step. Prima si fa lievitare l’impasto dentro una ciotola coperto da pellicola, poi si fa una seconda lievitazione con le forme del prodotto finito già pronte.
Mettete l’impasto in una ciotola abbastanza capiente coperta da pellicola trasparente e mettete a lievitare ad una temperatura di 28° C (non superate questa temperatura per non stressare il lievito e non distruggere nemmeno le sue cellule) per circa 1/2 ore, finché l’impasto non ha raddoppiato il suo volume. Questo tempo dipende anche da quanto lievito avete usato.
Potete farlo lievitare a temperatura ambiente in estate, oppure nel forno spento con la sola luce accesa in inverno.
Pirlatura
Dividete l’impasto in pezzi in base ai grammi suggeriti dalla ricetta.
La pirlatura consiste nel formare delle palline schiacciandole con un movimento della mano sul tavolo da lavoro e formando dei cerchi roteando la mano.
Per venire bene dovete fare attenzione che non ci sia farina nel banco, altrimenti è difficile realizzare le palline. Nel caso le palline siano infarinate inumiditevi leggermente la mano con un po’ d’acqua.
Nel mentre che pirlate un pezzo tenete gli altri coperti da pellicola o strofinaccio in modo che non si formi la crosta e non prendano dunque umidità.
Dopo la pirlatura, trasformate l’impasto dandogli la forma che volete (ad esempio donuts, fritti, bomboloni…) per poi passare alla seconda lievitazione.
Lievitazione unica o seconda lievitazione
A vostra scelta potete realizzare una sola lievitazione saltando quella che riguarda l’impasto, facendolo solo riposare per un po’ coperto da uno strofinaccio o da pellicola prima di dare le forme alle vostre creazioni.
Una volta pirlati tutti i pezzi di impasto e realizzate le forme fatele lievitare, sempre a 28° C, disposte su di una teglia e coperte da uno strofinaccio, in modo che non prendano umidità, finché non raggiungono il doppio del volume. I tempi sono di circa due ore.
Fate attenzione!!!
Non fatele lievitare troppo perché si sgonfiano, stralievitando. Una volta che l’impasto è lievitato troppo ed è sgonfio, non c’è un modo per recuperarlo, ma si può friggere lo stesso considerando che il prodotto non verrà ottimo e resterà impregnato d’olio con le grinze.
Frittura
Per quanto riguarda i fritti, i donuts o i bomboloni, in pasticceria la riga al centro è segno di buona lievitazione che non avviene solamente durante la classica lievitazione, ma anche durante la cottura.
La riga al centro è una parte del fritto che non è cotta e non deve essere quindi troppo grande. Se manca vuol dire che la lievitazione in cottura non è andata nella maniera giusta.
Per questo motivo è meglio utilizzare un fornello a gas o ancora meglio una friggitrice che mantengono costante la temperatura dell’olio.
L’olio per friggere
Anche l’olio scelto per friggere ha una grande importanza, che dipende dal punto di fumo.
Punto di fumo
Temperatura alla quale un olio comincia a emettere fumi visibili e che corrisponde all’inizio della degradazione dell’olio.
Tabella sul punto di fumo di ciascun olio.
Tipo di olio | Punto di fumo |
Olio si semi di girasole | 170° C |
Olio di oliva extravergine | 175° C |
Strutto | 188° C |
Olio di semi di arachidi | 220° C |
Olio di palma raffinato | 240° C |
Raggiunta quindi la sua temperatura massima, l’olio comincerà a degradarsi e anche quello che stiamo friggendo assorbirà l’olio in maniera sbagliata.
Considerando che i fritti hanno bisogno di una temperatura di almeno 180° C per friggere nella maniera corretta ed evitare che sia troppo unto o crudo, se volete utilizzare un olio di semi scegliete quello di arachidi, mentre altri tipi di olio consigliati sono lo strutto e l’olio di palma.
Il punto di fumo diminuisce se l’olio non è conservato bene, quindi fate attenzione a tenerlo lontano dalla luce e dal calore, e naturalmente se è già stato utilizzato precedentemente per più volte. Se l’alimento che avete fritto ha sapore di olio sgradevole vuol dire che l’olio è stato utilizzato troppe volte (esausto), che siete arrivati al punto di fumo, oppure che l’olio è troppo sporco.
Non mischiate mai tipi di prodotti diversi e ogni tanto pulite l’olio filtrandolo per poterlo utilizzare al meglio più di una volta.